
Corso di preparazione al parto
8. Travaglio e parto. Tutto ciò che c'è da sapere
Ci siamo... finalmente potrò conoscerti e abbracciarti. Benvenuto al mondo!
In questa lezione parliamo di
Verso il parto
Nelle ultime settimane di gravidanza, specifici cambiamenti nella donna e la pressione del feto che “spinge” verso il basso preparano l’utero all’imminente nascita. Bisogna fare attenzione alle prime contrazioni di preparazione al travaglio e ai primi segnali che caratterizzano il travaglio stesso.
Le contrazioni preparatorie
(Il periodo prodromico)
Prima che inizi il travaglio attivo, nelle ultime settimane del 3° trimestre di gravidanza, si cominciano a sentire alcune deboli contrazioni uterine, di preparazione al travaglio. E’ probabile che si possa avere la sensazione che l’utero contraendosi si indurisca.
Le contrazioni che si avvertono di solito non sono molto dolorose, tanto che alcune donne non si rendono conto di attraversare questa fase. Altre donne invece, avvertono contrazioni frequenti di media intensità circa un giorno prima che il travaglio abbia inizio. Queste contrazioni sono preparatorie e non vanno confuse con quelle più forti e regolari che annunciano il travaglio attivo: esse aiutano la cervice ad ammorbidirsi e ad accorciarsi in previsione della prossima dilatazione. Per qualsiasi dubbio comunque sulla natura delle contrazioni interpellate l’ostetrica che vi segue o recatevi presso l’ospedale per un controllo.
I primi segnali dell’inizio del travaglio
Teoricamente, il travaglio inizia quando la cervice comincia a dilatarsi ma, in realtà, questo inizio può manifestarsi in modi diversi.
Può iniziare con la comparsa di una prima perdita di muco rosato magari striato di sangue, corrispondente all’espulsione del tappo cervicale che ostruiva l’apertura della cervice durante la gravidanza; si dice allora che la donna “marca”. L’espulsione del tappo cervicale può avvenire poco prima che il travaglio inizi oppure durante il primissimo periodo. Altra volte si verifica per prima cosa la rottura delle membrane con perdita delle acque (rottura delle acque). Ciò può avvenire sotto forma di uno sbocco intenso di liquido amniotico, oppure di lento stillicidio delle acque che si trovano davanti al corpo del bambino. Tuttavia, anche questa manifestazione può non avvenire fino a quando la partoriente non sia entrata nel periodo dilatante (travaglio attivo); ciò può avvenire anche ventiquattro ore prima che il travaglio abbia effettivamente inizio.
Si potrebbe sentire un dolore sordo e persistente alla schiena (dolore lombare), si potrebbe presentare diarrea, poiché l’intestino tende naturalmente a svuotarsi prima che il travaglio abbia inizio. Si potrebbero presentare brividi e senso di debolezza. La sola cosa da fare è quella di non opporsi e lasciare che questi disturbi passino. E’ utile respirare profondamente e se si gradisce può essere praticato un massaggio alla schiena o ai piedi da parte di chi vi sta vicino.
Il primo periodo del travaglio
Prima che il travaglio abbia inizio il bambino è posizionato all’interno dell’utero con la testa appoggiata contro il bacino, pronto per nascere. La cervice, o bocca dell’utero, è saldamente chiusa e sigillata da un tappo di muco. Le membrane che circondano il bambino sono intatte e contengono le acque in cui galleggia. Prima che cominci il travaglio la cervice ha uno spessore di circa tre centimetri e durante le ultime settimane che precedono il parto diventa morbida, maturando.
L’inizio del travaglio attivo
La prima fase del travaglio ha inizio con contrazioni man mano più regolari e dolorose e si conclude con la completa dilatazione della cervice per permettere il passaggio del bambino.
Durante questo primo stadio, le contrazioni si fanno sempre più intense e frequenti. Il segno che più comunemente annuncia l’inizio del travaglio attivo è rappresentato dalle doglie.
Vediamo come si presentano e impariamo insieme quali sono le posizioni che maggiormente ci aiutano in questo momento
Le contrazioni uterine (doglie)
Queste contrazioni uterine saranno leggermente più intense di quelle iniziali (periodo prodromico); potrebbero ricordare un po’ i dolori mestruali e manifestarsi nella parte bassa dell’addome oppure, a volte, in fondo schiena (dolori inguinali, alla zona del pube e lombari) o all’interno delle cosce.
Le prime contrazioni/doglie possono essere molto forti oppure talmente deboli da poter comunque riuscire a riposare.
Il modo di percepire le contrazioni/doglie varia molto da donna a donna o anche da un parto all’altro per la stessa donna. All’inizio possono venire ogni mezz’ora oppure ogni dieci minuti e, a volte, gli intervalli fra una contrazione e la successiva sono assolutamente irregolari. L’utero comincia a contrarsi, mentre la cervice (collo dell’utero) si ritira e si assottiglia per poi aprirsi lentamente alla base.
Ogni contrazione ha un andamento simile a quello delle onde: inizia debolmente (per es. 10 secondi), poi aumenta di intensità (per es. 40 sec) fino a raggiungere un punto massimo o picco e poi decresce di nuovo (ancora 10 sec).
Prima che arrivi la contrazione /doglia successiva vi sarà una pausa. In questa fase potrebbe essere utile dormire o rilassarsi con una tecnica di visualizzazione. Nel punto di massima intensità le contrazioni possono essere dolorose. Con il progredire del travaglio le contrazioni diventeranno più forti, con pause più brevi fra una contrazione e l’altra. Una volta entrate nel pieno del travaglio attivo le contrazioni/doglie saranno veramente forti e richiederanno tutta la concentrazione da parte della partoriente.
Alcune donne possono presentare nausea e vomito durante il travaglio... non bisogna spaventarsi... respirate tranquillamente e vomitate se sentite di doverlo fare, questo vi aiuterà a liberarvi dell’ansia e della tensione. Durante il travaglio attivo tutto si svuota anche lo stomaco e l’intestino tendono a svuotarsi in questo momento.
Le posizioni del travaglio...
... scegliete quelle che vi fanno stare meglio.
Una delle cause principali che accentuano i dolori del travaglio è la posizione supina per cui, sono da preferire posizioni verticali, asimmetriche, carponi, accovacciate.
Bisogna essere lasciate libere di far uso del proprio corpo, per poter scoprire le posizioni e i movimenti che sono più comodi. Immergersi nell’acqua allevia i dolori del travaglio. Se l’atteggiamento della donna è attivo e consapevole (grazie anche a ciò che ha imparato al corso di preparazione al parto) il dolore delle doglie diventerà sicuramente più tollerabile.
Visualizza la scheda “Le posizioni per il travaglio. Mamma e papà si raccontano.”
Cosa succede al bambino
Quando comincia il travaglio la testa del bambino si impegna all’ingresso del canale del parto. Via via che l’utero si dilata la testa del bambino scende progressivamente lungo il canale da parto, compiendo contemporaneamente una lenta rotazione che ne facilita l’adattamento alla conformazione del bacino materno, facilitandone l’uscita. Abbassandosi, la testa preme sulla cervice favorendo e facilitando ulteriormente la dilatazione.
Cosa succede alla donna
Il travaglio classico inizia con contrazioni regolari della durata di venti-trenta secondi a una frequenza di venti-trenta minuti. Dopo un certo periodo, quando la cervice si dilata, la frequenza si riduce a 15 minuti (con una durata di 30/35 secondi), per passare progressivamente a dieci minuti (durata 35/40 secondi), cinque minuti (durata 40/45 secondi), tre minuti (durata 45/50 secondi) e infine, alla conclusione del primo periodo, quando la cervice è quasi completamente aperta, la contrazioni hanno una durata di 60/90 secondi con pause di mezzo minuto.
Tuttavia, è possibile osservare ritmi e schemi molto diversi... poche donne hanno un andamento così regolare. Qualunque sia il ritmo del travaglio, le contrazioni diventano progressivamente più forti e ravvicinate a mano a mano che la cervice si dilata da zero a dieci centimetri (la dilatazione completa è di 10 centimetri).
Come avviene la dilatazione (la fase dilatante)
Per “nascere” il feto deve fuoriuscire dai genitali esterni.
Considerando che il diametro della testa fetale misura circa 10 cm, è necessario che il collo dell’utero e successivamente le strutture esterne (vulva, vagina e perineo) si dilatino e distendano per favorire l’espulsione dapprima della testa e successivamente di spalle e corpo fetale.
L’appianamento del collo e la dilatazione della bocca uterina sono fenomeni “passivi”, avvengono cioè per dissociazione di strutture elastiche contenute nel tessuto che forma l’ultima parte dell’utero materno. Nelle donne che non hanno mai partorito (nullipare), la dilatazione procede in genere di circa 1 centimetro all’ora (1 cm/h); nelle donne che hanno già partorito (pluripare) la dilatazione “avanza” più rapidamente.
La durata del periodo dilatante (prima fase del travaglio) pertanto, è all’incirca di 12-13 ore per le nullipare e di 6-7 ore nelle pluripare. La differenza è dovuta dal fatto che le donne che hanno già partono partono da una dilatazione di circa 2 cm detta “di massa”, ed il feto attraversa un canale del parto già adattatosi e preparato dalla/e gravidanza/e precedente/i.
Contemporaneamente le contrazioni diventano sempre più efficaci e frequenti, la sensazione di dolore aumenta la sua intensità e si irradia “a fascia” dalla regione posteriore sacrale a quella anteriore del basso ventre.
Il comportamento della donna dipende molto dalla sua preparazione e consapevolezza, da quanto riesce ad applicare quanto imparato durante il corso di preparazione al parto in termini di autocontrollo e autoascolto.
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La tecnica della visualizzazione
Da alcuni anni utilizzata anche nella preparazione al parto La visualizzazione è una tecnica di rilassamento efficace, semplice ed estremamente flessibile, che si accompagna alla respirazione lenta, regolare e profonda e che ci mette in contatto con il nostro “panorama” interiore, con il nostro immaginario. È uno strumento che facilita l’interazione continua tra mente e corpo, facendo affiorare l’incredibile deposito di immagini interne acquisite e di reazioni e risposte.
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Le posizioni per il travaglio. Mamme e papà si raccontano
A ciascuna la sua Durante il travaglio attivo è possibile assumere diverse posizioni. Molte donne trovano utile muoversi nella prima fase e poi provare una delle posizioni alternative a quella classica supina durante il parto, perché spesso vengono ritenute migliori e più confortevoli. Alcune donne ci hanno detto di aver preferito sedersi sul lettino con la schiena sostenuta da cuscini, altre hanno scelto di inginocchiarsi, accovacciarsi con o senza l’ausilio di uno sgabello da parto. Abbiamo raccolto le varie testimonianze in una scheda per voi.
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Il parto
La seconda fase del travaglio è il parto, che si conclude con la nascita del vostro bambino. Le forti contrazioni e le vostre spinte aiutano il bambino a scendere lungo il canale del parto.
Benvenuto alla vita!
La fase finale del travaglio inizia quando la cervice uterina è completamente dilatata, le contrazioni sono intense e regolari e si avverte lo stimolo di spingere.
Lungo il canale del parto, il bambino ruota e si gira in modo che la parte più grossa della testa sia in linea con la parte più ampia del bacino materno. Una volta che la testa è uscita, il bambino ruota di nuovo, in modo da far uscire facilmente anche le spalle, una alla volta.
Non appena il vostro bambino è nato l’ostetrica o il ginecologo si assicurano che il cordone ombelicale non sia attorcigliato attorno al collo, dopodiché si elimina il muco da naso e bocca del neonato per facilitarne la respirazione. Di solito il parto dura una o due ore ma molte donne ci hanno confermato che in quel momento non si ha davvero la percezione del tempo, si vive come in un’altra dimensione.
Altre informazioni utili
L’episiotomia
L’episiotomia è un taglio chirurgico che allarga il canale del parto. Viene praticata con un paio di forbici, sotto anestesia locale poco prima della fuoriuscita della testa del bambino. Alcuni ginecologi ritengono che tutte le donne alla prima gravidanza dovrebbero essere sottoposte all’episiotomia per evitare la lacerazione dei tessuti e consentire al bambino una nascita rapida. Quando ci sono segnali di sofferenza fetale, un’episiotomia può accelerare il parto e facilitare la nascita al bambino.
Per approfondire vai alla domande:
Che cos’è l’episiotomia?
Perché si pratica l’episiotomia
l taglio del cordone
Durante tutte le settimane di gravidanza il cordone ombelicale è stato la fonte di vita per il bambino: i vasi sanguigni contenuti al suo interno hanno permesso lo scambio di ossigeno, il nutrimento e lo smaltimento delle scorie.
Subito dopo il parto il cordone viene clampato e tagliato e il neonato può iniziare a vivere in modo autonomo.
Ritardare il taglio può essere vantaggioso perché permette al sangue della placenta di raggiungere il corpo del neonato e di incrementare il volume del sangue; questo processo impiega qualche minuto, in questo frangente sarà possibile adagiare il neonato sul vostra pancia con il cordone ancora intatto in modo che senta subito il vostro calore e si senta protetto.
Il secondamento

Poco dopo il parto e il taglio del cordone ombelicale, anche la placenta deve essere espulsa: si tratta della terza fase del travaglio che viene chiamata “secondamento”. Una volta che l’utero si è contratto, l’ostetrica o il ginecologo tirano delicatamente il cordone ombelicale per fare uscire la placenta mentre con la mano libera appoggiata sul basso ventre mantengono il vostro utero in posizione. La placenta verrà analizzata con attenzione per evitare che eventuali residui di tessuto rimangano nell’utero possono causando emorragie prolungate e impedire che esso possa contrarsi del tutto.
Per approfondire: “Come viene espulsa la placenta?”
Partoanalgesia o epidurale
Oggi l’anagesia epidurale è parte integrante della pratica clinica quotidiana di un reparto di ostetricia benché permangano in alcune strutture problemi gestionali e organizzativi che ne compromettono un più ampio sviluppo in tutto il territorio italiano.
Il trattamento analgesico del travaglio di parto, i cui vantaggi sono ormai ampiamente riconosciuti da tutta la comunità scientifica, persegue due finalità principali:
Rispondere al bisogno di controllare il dolore, così che la donna si accosti al parto in modo sereno.
Assoluto rispetto della fisiologia del travaglio, ovvero di quei meccanismi naturali che conducono al parto spontaneo. Questo concetto è il fulcro della moderna analgesia ostetrica.
Il parto in analgesia epidurale rappresenta oggi la tecnica più sicura ed efficace per il parto indolore; prevede l’iniezione di un anestetico locale nella regione lombare, tra due dischi vertebrali per ridurre o eliminare la sensibilità al dolore localmente in modo che la donna possa comunque partecipare al travaglio e al parto. È una tecnica conosciuta e applicata da decenni nel mondo anglosassone.
Per maggiori informazioni:
- sulla tecnica dell’analgesia epidurale e spinale: consultate il sito ilmiobaby.com: www.ilmiobaby.com/epidurale;
- sul parto indolore: guardate l'intervista al Prof. Nicola Natale, Primario emerito Ostetricia e Ginecologia, AO di Lecco.
Il parto podalico
Oggi in Europa il parto podalico (3-4% dei feti al termine della gravidanza) non viene più assistito per via vaginale.
Esistono diverse possibilità e tecniche a disposizione del ginecologo per far cambiare questa posizione al bambino.
Nel caso il bimbo rimanga in posizione podalica, oggi si preferisce procedere con il taglio cesareo.
Donazione del cordone ombelicale
Il sangue del cordone ombelicale è fonte di cellule staminali ematopoietiche, cellule immature capaci di costituire elementi del sangue come globuli rossi, bianchi e piastrine.
Il trapianto di queste cellule rappresenta quindi un’alternativa al trapianto del midollo osseo nei casi di tumori del sangue e sistema immunitario.
Prelevare tali cellule dal cordone ombelicale al momento della nascita è un procedimento completamente innocuo, sia per la madre che per il bambino, considerando che normalmente il cordone dopo la nascita viene gettato via insieme alla placenta.
In Italia è consentita la sola conservazione per uso cosiddetto allogenico, solidale, ossia eterologo, si parla infatti di donazione del cordone, completamente gratuita, presso le banche di sangue cordonale.
Esiste poi, la possibilità di esportare, a proprie spese, il campione di sangue ad uso autologo, cioè proprio, per la conservazione presso le banche operanti all’estero.
Le coppie vengono informate circa la possibilità di donazione durante le visite prenatali e quelle interessate, alla 35a-38a settimana, vengono indirizzate ad un colloquio chiarificatore su modalità di raccolta, dubbi, perplessità, dati anamnestici e firma del consenso informato da parte di entrambi i genitori.
Non tutte le donne possono donare il sangue del cordone ombelicale; le controindicazioni risultano essere:
- durata della gestazione inferiore a 35 settimane;
- membrane rotte da più di 12 ore;
- febbre materna in corso di travaglio;
- positività sierologica della madre o del padre a patologie infettive;
- malformazioni del nascituro.
Una volta raccolto il sangue del cordone ombelicale, questo viene inviato dal punto nascita alla banca di riferimento regionale, dove verrà analizzato. Dopo 6 mesi dalla raccolta, se il campione risulta idoneo la madre donatrice e il suo bambino saranno ricontattati per informazioni sullo stato di salute del lattante e per effettuare un prelievo sul neonato per escludere la presenza di malattie infettive e/o congenite non manifestate o diagnosticate al momento della nascita.
Per saperne di più informati presso associazioni e banche per la conservazione del sangue cordonale.
Associazione Donatrici Italiane Sangue del Cordone Ombelicale (ADISCO)
Rete nazionale delle banche di sangue cordonale
Le domande più frequenti
- La forma del bacino può o meno facilitare il parto?
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Il tipico bacino femminile, chiamato in termini tecnici “ginecoide”, favorisce la dilatazione dell’utero e la discesa del bambino durante il travaglio. È di forma arrotondata, largo e poco profondo con un’ampia apertura pelvica. Il bacino cosiddetto androide, più simile a quello maschile, ha una forma più triangola, è più profondo e stretto con un’apertura pelvica piuttosto stretta che può rendere un po’ più difficile il parto in caso il bambino sia “grande” come dimensione.
- Che cos’è la relaxina?
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La relaxina è un ormone che ammorbidisce le articolazioni e i legamenti pelvici (e in generale di tutto il corpo) in previsione del parto. Anche se può provocare un indolenzimento o dolori lombari, al basso ventre o in generale dolori al bacino, soprattutto durante le ultime settimane di gravidanza, l’azione della relaxina rende più flessibili le ossa del bacino aiutando la discesa del feto lungo il canale del parto. Inoltre, la relaxina favorisce lo sviluppo dei vasi sanguigni nell’utero e nella placenta. La relaxina è prodotta nelle mammelle, nelle ovaie, nella placenta e in altre zone.
- Come viene espulsa la placenta?
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La placenta umana è un organo che alla fine della gravidanza presenta una forma discoidale con spessore medio di 2-4 cm e un peso compreso tra i 450-600 grammi. Le sue funzioni sono quelle di garantire la respirazione e la nutrizione del feto, oltre ad essere un organo che produce ormoni fondamentali per la gravidanza e per assicurare il benessere del feto. Il secondamento è il periodo nel quale avviene l’espulsione della placenta e degli annessi fetali: membrane e cordone ombelicale. Dopo la nascita del neonato, l’organismo umano materno riconosce che la placenta non ha più una propria funzione e pertanto la espelle verso l’esterno. Una volta distaccata, le contrazioni uterine riprendono; la donna avverte una sensazione di un corpo estraneo in vagina accompagnato ad una volontà di spingere, compare quindi lo sforzo espulsivo che aiuterà la sua totale espulsione al di fuori dei genitali esterni. Tutto il periodo del secondamento dura di solito non più di 20 minuti, ma la fisiologica durata si può estendere anche fino ad 1 ora.
- Che cos’è l’episiotomia?
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L’episiotomia è un’incisione tra la vagina e l’ano che allarga il canale del parto. Viene praticata con un paio di forbici, sotto anestesia locale poco prima della fuoriuscita della testa del bambino. Può essere mediana (partendo dalla parte inferiore della vagina in direzione dell’ano) o medio laterale (in diagonale verso il basso, lontano dall’ano). Dal momento che l’incisione interessa sia la cute sia i muscoli, richiederà poi una ricostruzione molto accurata della ferita. Se la dose di anestetico locale somministrata prima del taglio è insufficiente, si procede ad un’aggiunta. I punti di sutura cadono nel giro di pochi giorni ma è consigliabile controllare la zona con uno specchio ogni due giorni per vedere se sono caduti, perché a volte non si staccano. Potreste avere la sensazione di essere sedute sulle spine, quando questo accade, dovete far rimuovere i punti o da un’ostetrica o da un ginecologo entro una decina di giorni dal parto. Dopo un’episiotomia il perineo sarà sensibile, gonfio e dolente per giorni, a volte per settimane. Un anestetico spray da applicare localmente può essere molto utile.
- Perché si pratica l’episiotomia?
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Alcuni ginecologi ritengono che tutte le donne alla prima gravidanza dovrebbero essere sottoposte all’episiotomia per evitare la lacerazione dei tessuti e consentire al bambino una nascita rapida. Quando ci sono segnali di sofferenza fetale, un’episiotomia può accelerare il parto e facilitare la nascita al bambino. Risparmia al bambino già provato le ultime contrazioni e lo metterà nelle condizioni di nascere più velocemente. Ultimi studi e ricerche hanno dimostrato che donne con un perineo intatto o con una modesta lacerazione superficiale provano meno dolore dopo il parto rispetto alle donne che hanno avuto l’episiotomia. Inoltre si è visto che partorire preferendo le posizioni verticali, assicura la massima pressione pelvica, un rilassamento muscolare ottimale, un ampio stiramento del perineo ed il minimo sforzo muscolare. In questi casi l’episiotomia non è necessaria. Chiaramente, il benessere del pavimento pelvico è di fondamentale importanza per l’ostetrica la quale, solo dopo attenta valutazione decide di fare o di non fare l’episiotomia.
- Che cosa si intende per clampaggio e taglio del cordone ombelicale?
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Subito dopo la nascita sul cordone ombelicale vengono posti due morsetti a una distanza di pochi centimetri uno dall’altro: il taglio viene effettuato in mezzo. Questo procedimento previene perdite di sangue sia del bambino sia della placenta.
- Quando si procede all’induzione del parto?
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L’induzione del parto può essere necessaria quando la gravidanza supera le 42 settimane, se l’inizio del travaglio ritarda dopo la rottura delle acque o in determinate condizioni cliniche come gravidanze a rischio nel caso di preeclampia per esempio. Un metodo consiste nell’introdurre un tampone vaginale di prostaglandina che favorisce la dilatazione cervicale e stimola le contrazioni dell’utero. Se non è sufficiente si procede con la somministrazione endovenosa di ossitocina per aumentare le contrazioni uterine.
- Quando si procede al parto con forcipe o ventosa?
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Vengono usati in alcuni parti, soprattutto in caso di sofferenza fetale o di spossatezza della madre dopo un travaglio di molte ore. Entrambi i metodi servono a indurre il parto quando il bambino è posizionato nella parte bassa del bacino ma la cervice materna non è del tutto dilatata. Il forcipe, simile a una grande pinza, è costituito da due branche tenute insieme da un perno che ne regola la chiusura; le estremità sono curve per avvolgere la testa del bambino. Il ginecologo tira delicatamente il forcipe mentre la madre spinge. La ventosa è formata da un bastone alla cui estremità è posta una coppa che viene posizionata sulla testa del bambino e tirata delicatamente per aiutare la nascita.
- Parto in acqua: quali benefici?
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Partorire in acqua può procurare benefici in termini di sollievo dal dolore del travaglio nonché una maggiore distensione muscolare. In acqua la donna si sente più leggera e più libera nei movimenti, mentre per il bambino il parto è meno traumatico perché passa dal liquido amniotico in cui è immerso nell’utero all’acqua riscaldata della piscina. Le vasche per il parto sono disponibili in molti ospedali (è importante informarsi prima, già durante il corso di preparazione al parto) o possono essere affittate in caso si decida di partorire in casa.
- Quando si esegue il parto cesareo?
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Durante il parto cesareo il bambino viene estratto dall’utero attraverso un’incisione chirurgica nell’addome: in effetti si tratta di un vero e proprio intervento chirurgico eseguito in anestesia totale o locale (iniezione epidurale o spinale). Il taglio cesareo viene eseguito o in modo programmato (la futura mamma lo pianifica con il proprio ginecologo in anticipo) oppure in situazioni di urgenza o di emergenza. Tra le condizioni in cui viene più spesso programmato un taglio cesareo ci sono: la presentazione podalica del feto (dopo avere provato tutte le tecniche oggi a disposizione per far girare il bambino) → Vedi Parto podalico; la decisione della futura madre di non voler affrontare il travaglio (precedente parto cesareo, altre motivazioni personali); un parto gemellare. Tra i casi in cui si procede con un parto cesareo di urgenza vi sono: l’iniziale sofferenza fetale; la mancata progressione del travaglio (arresto della dilatazione della cervice, sproporzione tra le dimensioni del bambino e le ossa del bacino materno, malposizione della testa del feto, altre motivazioni). Il distacco della placenta che procura grave sofferenza al bambino è un esempio di ricorso al parto cesareo di emergenza.